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Intercultura: non c’è due senza tre

vai subito agli ingredienti

fotoVittorio e la nonna il giorno della partenza

Mi chiamo Manuela, ho tre figli, sono dipendente dagli scambi interculturali.
Chi mi segue da un po’ avrà capito cosa sto per dire: dopo Carlo ed Elena ora è la volta di Vittorio.


Anche lui negli Stati Uniti, in uno degli inverni più rigidi da anni, con un fratello e una sorella “diversi”, genitori host, amici nuovi, scuola nuova, lingua… difficile!
Inizialmente non capiva un’ H e per tre mesi ha dubitato di potercela fare. Viveva con il perenne sospetto che lo stessero prendendo in giro, povero piccolo mio, ma poi, come per incanto, ha cominciato a distinguere i suoni e gli si è sciolta la lingua!
Ormai sono passati 5 mesi e 5 devono ancora venire.
Mi manca? …
Molte persone intorno a me non capiscono perchè io lo faccia, perchè li abbia incoraggiati ad andare, perchè adesso, perchè perdere il controllo sui figli minorenni, fargli mancare il programma scolastico di un intero anno, a che pro?
Riunire la famiglia su WhatsApp (sapete tutti vero cos’è?), gruppo “figli” , è il segno dei tempi!
Mio marito interviene quasi sempre nel gruppo per richiamarci all’ordine “a lavorare”, “a studiare”, “poche chiacchiere”. Elena, che sta studiando in Germania, ha proposto di toglierlo dal gruppo. Vantaggi virtuali!
Un giovane per casa fa giovane la casa. Un anno fuori casa a 17 anni è un anno che a un genitore spetta di diritto, è un piacere tenersi un figlio vicino, anche per quelle disgraziate come me!
E allora?
Vittorio si difende, in famiglia e nella scuola, non solo in senso figurato: fa wrestling e impara i fondamentali della lotta.
Penso che sul tappeto di casa ne vedremo delle belle… Carlo arrenditi! 😀

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